"Iniziò a perdere sensibilità alle dita. Si tolse un guanto, ci soffiò dentro e poi ci rimise lil pungo chiuso per scaldarsi. Lo fece anche con l'altra mano. Ripetè quel gesto ridicolo due o tre volte.
Sono le estremità che ti fregano, diceva sempre suo padre. Dita dei piedi e delle mani, naso, orecchie. Il cuore fa di tutto per tenersi il sangue per sé e lascia congelare il resto."
Volevo condividere con voi queste poche righe di uno splendido libro di Paolo Giordano.
Lui è un fisico, perciò un soggetto scientifico, abiutato a razionalizzare tutto in formule, numeri, concetti, teorie. La materie scientifiche però, se ci pensiamo bene sono quelle in cui possiamo anche spaziare nell'infinito rimanendo seduti fra i banchi di scuola o alla nostra scrivania.
Proprio per questo non mi ha stupito vedere un fisico come Giordano parlare di matematica e del concetto di numeri primi, paragonandoli a due giovani disperamente soli, ma unici.
Saremo realmente felici se fossimo unici?
Chiara.
Dire che siamo tutti unici è come dire che nessuno, in realtà, è unico. Quindi sì, preferisco dire che siamo tutti più o meno uguali. Io, personalmente, credo nelle differenze, nei difetti, soprattutto. Sono i difetti a renderci diversi quel tanto che basta.
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